La domanda che ogni lavoratore dipendente dovrebbe porsi almeno una volta è:
“Meglio mantenere il Tfr in azienda o conferirlo ad una forma di previdenza complementare?”
Anche se la previdenza integrativa appare più competitiva rispetto al Tfr mantenuto in azienda i dati mostrano che solamente il 22% del valore del Tfr maturato dal 2007 al 2022 è stato conferito ad una forma di previdenza complementare.
Cosa è successo nel 2022?
Chi ha mantenuto il Tfr nella propria azienda ha visto una rivalutazione di quasi il 10%, chi invece ha investito nei fondi pensione ha visto un crollo di circa il 10%.
In tanti si chiedono quindi quale sia la scelta migliore: step fondamentale quando si parla di pensioni è quello di guardare in prospettiva e di non soffermarsi sul singolo anno.
Tutte le differenze
La differenza sostanziale è che il Tfr in azienda si rivaluta di 1,5 punti percentuali fissi più il 75% del tasso d’inflazione, mentre nei fondi pensione il Tfr si rivaluta in funzione della linea di investimento che è stata prescelta.
Altre differenze si trovano nei costi e nelle fiscalità: mantenere il Tfr in azienda non prevede costi mentre mantenerlo nei fondi pensione ha un costo per remunerare la consulenza che viene offerta.
La fiscalità, invece, è a favore della previdenza integrativa: il Tfr in azienda viene tassato con un meccanismo basato sulle aliquote Irpef, dal 23% al 43%, mentre il Tfr conferito ad un fondo pensione viene tassato dal 15% al 9% in base al numero di anni di iscrizione alla previdenza complementare integrativa.
Dunque, da una parte il Tfr mantenuto in azienda non presenta costi, rende mediamente di meno e viene tassato di più, dall’altra parte il Tfr affidato ad una previdenza integrativa ha dei costi, rende mediamente di più e viene tassato di meno.
Alcune simulazioni mostrano, con un’ipotesi di inflazione media del 3%, la maggiore convenienza economica della previdenza integrativa; anche nel peggiore dei casi i fondi pensione rendono poco di più rispetto al Tfr lasciato in azienda.
Ad esempio un 30enne di una piccola azienda con una retribuzione di 1.500 euro netti mensili, che conferisca sia il Tfr maturato che quello futuro, si potrà trovare con un 91% di ricchezza in più: 122.510 euro invece di 64.018 lasciando il Tfr in azienda.
Un 40enne di una grande azienda potrebbe ritrovarsi fino al 62% in più (92.832 euro rispetto ai 57.479 euro del Tfr lasciato in azienda) restando investito in mercati azionari. Anche un 50enne vicino alla pensione potrebbe beneficiare fino al 40% di ricchezza in più a seconda del profilo di rischio scelto.
Perché queste differenze?
L’effetto combinato di costi, rendimenti e fiscalità viene notevolmente influenzato dalla fiscalità agevolata: un conto è tassare dal 15% a scendere (fondi pensione), un conto dal 23% a salire (Tfr in azienda).
Sin dal 2006 viene favorito lo sviluppo della previdenza integrativa incentivando i lavoratori ad usare il proprio Tfr con l’obiettivo di costruire una futura serenità economica senza dover attingere ai propri risparmi.
Tra le proposte in discussione tra governo e parti sociali per il 2024 c’è anche la riproposizione di un nuovo semestre di silenzio assenso per favorire ulteriormente il conferimento del Tfr alla pensione integrativa.